Scheda Iniziale :
Distilleria: Non dichiarata
Imbottigliamento: North Star Spirits, Cask Series 003, 12y, 2005 – 2017, ex refill Hogshead
Gradazione: 52,3 %
Prezzo: circa € 120
“Siamo alla fine del XX secolo. Il mondo intero è sconvolto dalle esplosioni atomiche. Sulla faccia della terra gli oceani erano scomparsi e le pianure avevano l’aspetto di desolati deserti. Tuttavia la razza umana era sopravvissuta”. Nacque così l’imbottigliatore indipendente North Star, il Salvatore che guiderà noi poveri assetati nel cielo dei distillati scozzesi.
Se non avete colto la splendida, delirante ed attualissima *tocchiamoci citazione in periodo Covid-19, siete cortesemente pregati di fare una ricerca su Google e solo allora potrete proseguire la lettura.
Lettura che ci porterà a introdurre una nuova distilleria per il nostro blog: Laphroaig. Sì, non li abbiamo mai recensiti per tutta una serie di motivi, è vero, facciamo ammenda e iniziamo da ora. Ma come possiamo affermare di aver davanti effettivamente un Laphroaig, in quanto la bottiglia riporta solo un generico Islay? Andremo a sviscerare la questione da qui a breve. Nel frattempo, versiamo!
Colore: giallo chiaro
Naso: ok, siamo decisamente su Islay. Appena versato ci troviamo davanti un bel mix di torba stile copertone, mare e olio con una spruzzatina di limone. Forse Ardbeg? Maybe!
Aprendosi non sembrerebbe molto sporco con sale, alghe macerate e aringa affumicata. Restiamo sempre col dubbio! Aspettiamo ancora ed ecco gomma vulcanica e fette di pane bruciacchiate: ok dobbiamo rimangiarci tutto sul distillato pulito? Ebbene sì, infatti a seguire ecco un mix di disinfettante e cerotti che zitto zitto salta fuori: ehi, Laphroaig! Assaggiandolo avremo ulteriori conferme…o smentite ovviamente! Il lato fruttato a chiudere è presente, ma molto tenue con della confettura di albicocche, buttiamola lì!
Gusto: ad un attacco dolce segue immediatamente una sensazione salata, definiamola pure, importante. Sale marino per la precisione. Fumo che se ne va a braccetto con tintura di iodio e, giusto per restare in tema “ospedaliero”, sembra di leccare una garza di tessuto non tessuto (neghiamo di averlo fatto, in assenza di testimoni). Anche queste sensazioni sono un marchio di fabbrica del nostro amico Laph. Balsamico appena dopo la deglutizione, tipo caramella per la tosse, e ci lascia con del piccante da pepe nero. Per non farsi mancare nulla, un bel sacco di carbonella. Olè!
Finale: lungo con betadine a manetta, iodopovidone per gli amici, clenil aerosol e naftalina! C’è molto fumo “chimico”, non quindi di legna bruciata, quanto più di plastica.
Abbinamento: caviale e via di insulti (meritati) alle nostre povere persone. Sicuramente non era il whisky perfetto, siamo d’accordo, ma il burro stemperava lo sporco del Laphroaig esaltandone le noti dolci, balsamiche e marine. Quindi, seppur litigarello, il matrimonio si poteva fare.
Commento finale: odi aut amo, parafrasando i latini. In questo distillato piuttosto che le note marine e di “ospedale pulito”, comunque presenti, prevalgono le note chimiche e sporche. E uno di noi non è molto amante di queste ultime in verità. Non stupitevi del voto quindi, è una media fra due valutazioni. Segnatevi questo: se siete dei tossici che si intrippano a sniffare plastica bruciata, siete davanti ad un must buy!
Voto:8,6
A presto, Davide & Sebastiano
p.s. un ulteriore conferma che si tratta di un Laphroaig: il prezzo. Circa 10 euro ad anno per un Islay indipendente ristringe il cerchio a poche distillerie.
p.p.s. è divertentissimo fare gli assaggi quasi alla cieca!